il Sogno di Maria di De Andrè



Eravamo agli inizi degli anni Sessanta, quando per la prima volta ascoltai le canzoni di Fabrizio De André. 

Ne è passato di tempo! Ma l'entusiasmo, la passione per le sue canzoni - poesie non è mai venuto meno; la morte, prematura, ci privò di uno dei "cantautori" che in tutta la sua produzione artistica, sempre in direzione ostinata e contraria, ha dato voce a chi non ne aveva  per farsi ascoltare: gli umili, i diseredati, i dannati della terra come li chiamava Frantz Fanton.

Il cammino  non si è interrotto nel 1999, con la sua morte, perché, oggi più di ieri, i suoi versi sono in grado di suscitare emozioni e riflessioni profonde che fanno cogliere la grande sensibilità e la profonda umanità di cui sono permeati i suoi versi

Era un cantautore di nicchia che si trascinava tra i carrugi della antica Genova dove il sole del buon Dio  non dà i suoi raggi - ha già troppi impegni per scaldar la gente d'altri paraggi. 

Il passaparola era la sua forza, fino a che Mina non incise "La canzone di Marinella" il cui successo  catapultò De André sul palcoscenico musicale italiano.

Negli anni dal 68 al 72 produsse quattro album - concept dove affrontò tematiche come la droga, la pedofilia, Tutti morimmo a stento del 1968; nel secondo album- concept, 1970, canta, seguendo i  vangeli apocrifi, soprattutto il Protovangelo di Giacomo e  Il Vangelo arabo dell'infanzia, 

Già ne 1967, in Si chiamava Gesù, aveva visto la figura di Gesù Cristo come  uomo di Maria dicono fosse figlio - sulla croce sbiancò come un giglio - morì come tutti si muore - come tutti cambiando colore - ebbe forse un po' troppe virtù - ebbe un volto e un nome: Gesù. 

"La Buona Novella", album del 1970, è la naturale prosecuzione dell'interesse mostrato già nel  passato per la figura del Cristo che continua con la figura di Giuseppe, padre per forza. falegname per professione, con il il dolore di Maria,  a cui le madri dei  due ladroni, Tito e Dimaco,  diranno: con troppe lacrime piangi Maria solo l'immagine di un'agonia - sai che alla vita nel terzo giorno il figlio tuo farà ritorno - lascia noi piangere un pò più forte  - chi non ritornerà più dalla morte. 
E termina con  Il testamento di Tito dove traspare il forte senso dell'umano che, per De Andrè, resta il fondamento, il valore di cui l'umanità si nutre:
 io nel vedere quest'uomo che muore - madre io provo dolore . nella pietà che non cede al rancore - madre ho imparato l'amore.

La canzone, ma in questo caso parlerei solo di poesia vera, "Il Sogno di Maria", portata in volo da un angelo che le annunzia la nascita di un bimbo,  crea atmosfere e visioni   difficili da dimenticare" quando mi chiese conosci l'estate - io per un giorno per un momento - corsi a vedere il colore del vento.
Mi propongo di ritornare su questo album e gli altri che ho citato perchè  nei testi De Andrè , come  in tutti i classici,  si scopre sempre qualcosa di inaspettato e di inedito.
 
P.S.
Gli altri due album - concept sono: 

Non al denaro, non all'amore , néal cielo - 1971

Storia di un impiegato - 1973                                                                                  
 
                                                     Ben (iamino Iasiello

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