Francesco


 

Che dire che non sia già stato detto di Papa Francesco? Fiumi di parole, in queste settimane di passione, che  hanno sezionato ogni attimo, ogni momento della vita e dell'opera di Francesco che è entrato nella Storia e ha fatto la Storia negli anni del suo pontificato.

 Uno di noi, un uomo di questo  mondo che ha vissuto nel mondo, insieme a tanti altri fratelli e sorelle, e che forte del grande prestigio morale di cui godeva ha levato alta la sua voce contro la guerra che lo ossessionava con le sue ombre di  morte, insieme con i poveri, gli oppressi della terra che hanno la schiena curva sotto i pesi della vita, come ha ricordato nell'ultima omelia nel giorno di Pasqua.

 

Francesco ha vissuto il Vangelo e lo ha portato in mezzo alla gente; questa è stata la sua teologia, non quella della Curia contro cui ha combattuto e non sempre ha vinto, né la teologia della liberazione, realtà da cui proveniva. 

E' stato il Papa degli ultimi, ultimo tra gli ultimi, dei poveri, dei diseredati, degli scartati, di quelli che Franz Fanton chiamò "I Dannati della Terra", di quelli a cui ha dato la sua voce perché i potenti l'ascoltassero; ma i grandi del mondo hanno avuto e hanno sempre ben altro a cui pensare!!  

Francesco chiedeva alla Chiesa di attenersi ai tre pilastri fondamentali: Umiltà, Disinteresse, Beatitudine che stanno ad indicare come non bisogna essere ossessionati dal potere e dalla ricchezza, ma capace di connettersi con le periferie abbandonate e desolate delle grandi metropoli che rappresentano l'umanità dolente a cui ha cercato di dare voce e dignità.

 E' stato un Pastore in cammino con il suo gregge, così come voleva che fosse la Chiesa: non una istituzione rigida, autoreferenziale, ma una Comunità in movimento, capace di ascoltare, accogliere e soprattutto mettersi in discussione  e, forse, anche per questo non sempre ben visto dai potenti de mondo e dai nemici  che si annidavano nella Curia vaticana.

Dovessi racchiudere l'intero pontificato di Papa Francesco in una immagine, sceglierei quella sera  buia e piovosa di marzo 2020, in una piazza S. Pietro deserta, dove il Papa, solo, con un incedere lento e claudicante, sembrava davvero che portasse sulle spalle la croce del Cristo, in un tentativo disperato ma profondo di affidare l'umanità intera alla misericordia di Dio.  

E' lì che ha mostrato tutta la forza del suo messaggio: non con proclami, ma col silenzio, la solitudine, la preghiera: un pastore ferito che continuava a camminare in nome di Dio e per conto dell'uomo.

La sua azione sul piano dottrinale ha lasciato l'impressione di annunci non seguiti da riforme, se pur minime, ma non poteva essere altrimenti, in quanto nessun Pontefice può incidere nel profondo sul piano dottrinale senza scardinare alla base l'universalità sulla quale mantiene il suo magistero e, quindi, cadere nel relativismo contro cui la Chiesa ha sempre combattuto e combatte.  

Certamente è stato un Papa divisivo,  la cui opera e il suo significato profondo, però, non potranno essere cancellati, qualunque sarà la risposta che il Conclave vorrà dare al pontificato di Francesco.

 

                                  Beniamino Iasiello

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