Il femminicidio nella canzone italiana del dopoguerra

 






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entre ascoltavo vecchie canzoni degli anni 60/70, che parlavano di amori appena nati, di amori già finiti, pensavo che in quegli anni era difficile trovare testi scabrosi in cui si parlava di femminicidi o di disagi femminili che non rientrassero nella vasta categoria dell'amore che alla fine vince sempre o diventa nostalgia.

Il termine femminicidio, nel vocabolario giornalistico e giuridico dell'epoca  non esisteva, si parlava genericamente di omicidio, senza riconoscere la specificità del reato contro la donna, in quanto donna (in proposito è stata appena approvata la legge). 

In fondo era considerato più un fatto di costume (un fatto tragico, un dramma della gelosia, delitto passionale); la legge italiana, fino al 1981, prevedeva il delitto d'onore come circostanza attenuante; se un uomo uccideva la moglie o la figlia "sorpresa in flagrante adulterio" poteva ricevere una pena ridotta (come dimenticare Mastroianni e Sandrelli in Divorzio all'italiana o Monica Vitti e sempre Mastroianni  ne Il dramma della gelosia (tutti i particolari in cronaca) che hanno contribuito a svelare il lato grottesco, assurdo o tragico del femminicidio e delle sue giustificazioni sociali.

Eppure nel tempio dell'amore, nel giardino dell'amore con le sue ritrosie e le sue avance, mi si sono palesati alcune canzoni di quegli anni che parlano di veri e propri femminicidi: una canzone, scritta nel 1962 da Sergio Endrigo, Via Broletto, dove è narrato l'uccisione della  propria innamorata : Se passate da via Broletto al n. 34,  parlate sottovoce, toglietevi il cappello - al primo piano dorme l'amor mio ... ma proprio sotto al cuore ha un forellino rosso, sono stato io, mi perdoni Iddio. 

Un  femminicidio  raccontato in modo narrativo, quasi cinematografico. con voce fredda e accorata, nello stesso tempo: la follia come segno dell'orrendo gesto compiuto.  

Ma insieme con Endrigo, certamente vi è un cantautore, tra i più amati negli anni sessanta, che si tolse la vita in una camera dell'albergo Ariston di San Remo. Un gesto incomprensibile ancora oggi!

Un festival non vale la vita di nessuno.

 Ma andò così e, dopo averci regalato canzoni che ancora oggi appartengono a tutti, Mi sono innamorato di te,  Ho capito che ti amo, Vedrai, Vedrai, sopra tutte per me Lontano Lontano e tante altre, decise di uscire fuori dal palcoscenico sia di San Remo che della vita.

In "Angela" , canzone inquietante, in cui  Tenco canta ... volevo farti piangere  - sapere che il tuo cuore -  era nelle mie mani ... Angela ,Angela, Angelo io non volevo, ma tu stasera invece di piangere- guardi il mio viso in un modo strano come se fosse ormai lontano. 

Ecco l'altra faccia dell'amore: l'educazione maschiocentrica e patriarcale capovolge il modo di sentire l'amore per cui se non puoi essere mia, non devi essere di nessuno. E, il crescendo della canzone, alla fine, rende bene l'idea  di un femminicidio preannunciato per gelosia, senza condanna morale.

Altra canzone  è Una Storia Come Questa cantata da Adriano Celentano.  un uomo che uccide la donna per amore, in preda alla disperazione e alla gelosia ... lì per lì non c'ho più visto - l'ho afferrata per la gola e sempre più - la stringevo forte e gli occhi suoi - sembravano più grandi.

 Tre canzoni che sono datate tra il 1962 e il 1966, un periodo in cui il delitto d'onore in Italia era ancora considerato un'attenuante , fino ala sua abolizione nel 198. 

In effetti, il femminicidio veniva spesso rappresentato come l'atto disperato di un  innamorato, un cliché pericoloso che ha segnato l'immaginario  collettivo per decenni. Inoltre, il fatto che queste canzoni fossero  viste semplicemente come drammi sentimentali e non come denunce di un crimine, rifletteva la scarsa consapevolezza sociale del fenomeno all'epoca.

Troviamo ancora  Fabrizio De André con La Canzone di Marinella, che è la storia di una prostituta uccisa dal suo protettore e il cui corpo fu trovato massacrato sul greto di un torrente.  Ma la sensibilità di De André che , da sempre  a fianco di  chi soffre, di chi viene ucciso, di quelli che non hanno voce per farsi ascoltare, dei dannati della terra, degli ultimi, degli scarti della società, ne trasfigura l'immagine e il vento che la vide così bella dal fiume la portò sopra una stella, perché come tutte le più belle cose - vivesti solo un giorno come le rose.

 Nemmeno oggi mancano, in verità, canzoni  dure, ma 'unica che, mi pare, parla di femminicidio  è quella di Emis Killa che in  3 messaggi in segreteria, canta: voglio vedere la vita fuggire dai tuoi occhi - io ci ho provato e tu mi hai detto no - e ora con quella cornetta ti ci strozzerò.

Un linguaggio duro, consapevole del destino che tocca alla sua donna, diversamente da quello degli anni Sessanta dove chi uccideva lo faceva perché accecato dalla gelosia, distrutto dal dolore per essere stato lasciato, quasi a giustificare l'insano gesto, l'orgoglio ferito del maschio che grida vendetta al cielo e deve giustifica verso la società la sua integrità di uomo.


                                         Beniamino Iasiello


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