Ines De Leucio: una donna,una strega, un'artista

 



 

Non una semplice icona, ma una visione del mondo e della vita.

Questa è Ines De Leucio, personalità poliedrica e duttile che rappresenta un mondo di sogni, forme, colori di cui si serve per realizzare nelle sue sculture, sui suoi tessuti, sulle sue tele una malia che le deriva dalla esperienza, dalle conoscenze accumulate negli anni e dalla frequentazione con artisti come Edgardo Abbozzo che è stato, certamente uno dei più significativi del XX secolo nell’esplorare il rapporto tra arte e alchimia. 

Ines De Leucio, la strega aborigena che, con un balzo, esce fuori dallo stereotipo della strega – maga per porsi nella sua veste di donna, di artista, a tutto tondo, che vive il suo tempo con le sue contraddizioni. La sua opera spazia dalla pittura, alla scultura, alla body art che ha nel futurismo, nel dadaismo il proprio punto di riferimento in grandi artisti come Marcel Duchamp o Antonin Artaud col suo “Teatro della crudeltà”.

La strega aborigena non disdegna di rompere la sua unità indifferenziata primordiale per uscire fuori di sé, per entrare nel mondo attraverso un processo di oggettivazione che la rende altro da sé, per poi ritornare in sé per sé arricchita, perché libera dai condizionamenti vincolanti assorbiti in quanto donna.

Questa maggiore  consapevolezza l’ha spinta a farsi paladina di un sogno di rinascita che la porta ad  opporsi alla guerra; La battaglia di Falluja, opera centrale della produzione di Ines, con i colori neri della morte e quelli rossi del sangue, rappresenta un’umanità stremata dove sono le donne, i bambini, l’umanità che non ha voce per farsi sentire, a pagare il prezzo più alto per la folle corsa dell’uomo  verso la distruzione totale

Sembra farsi carico, con un moto di estrema empatia, delle sofferenze di un mondo che si rivela sempre più fragile e precario.

Sofferenza, dolore che avverte non solo per un’umanità che ha perso il senso dell’umano, ma anche per la natura che l’uomo, per la sua sete di possesso e distruzione, ha sottomessa, umiliata, rendendola schiava delle sue passioni e delle sue ambizioni: un uomo che non solo è lupo per l’altro uomo, ma anche per tutto ciò che è diverso da sé.  

Nel suo processo artistico, Ines procede per fasi che le permettono di innalzarsi ad un livello sempre superiore, per cui, con una terminologia hegeliana, si può dire che la strega aborigena rappresenta il primo momento di un percorso che dal livello coscienziale, riflettendo su sé stessa, si eleva all’autocoscienza, cioè al riconoscimento di sé nell’altro e dell’altro in sé.

Approdando, in tal modo, ad un grado sempre più alto destinato a trovare, tra scissioni e riconciliazioni, nell’amore, nella solidarietà come categorie essenziali del suo essere, un mondo dove le differenze, anche quelle più profonde e dolorose si conciliano in un’armonia interiore rintracciabile in ogni essere umano.

E’ la legge del cuore, che guida e orienta l’artista, venata da una forza vitalistica che reclama il suo diritto ad esistere nel mondo e il suo dovere di cambiarlo radicalmente attraverso le sue forme artistiche per comunicare sentimenti perduti che recuperano un passato remoto. 

 Ines è consapevole che la capacità di esprimere, attraverso l’opera d’arte, emozioni e il senso della natura che la circonda, derivi da un moto interiore, e, a mio avviso, da una raggiunta maturità artistica e umana, da una libertà incondizionata che le permette di manifestare il suo spirito creativo, rivoluzionario, liberatorio che l’ha posta, nel panorama artistico contemporaneo, come un saldo punto di riferimento.

 

                                                      Beniamino Iasiello

 Personale dell'artista presso il Palazzo Ducale di Chianche:12 settembre   ore 18, 30

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