La corruzione nel Ventennio
Qualche anno fa, è stato pubblicato un bel saggio del professore Mauro Canali e del documentarista Mauro Volpini dal titolo: Mussolini e i ladri di regime.
Sappiamo che la corruzione fa parte della storia dell’umanità e del Potere, soprattutto, che l’accompagna: c’è sempre un “serpente tentatore”, un “piatto di lenticchie” che motivano e giustificano (?) azioni immorali.
Attraversando millenni e secoli di storia non mancano casi di grandi figure della storia coinvolte in grossi scandali di corruzione. Ma il saggio prende in esame il Ventennio fascista e la figura carismatica di Benito Mussolini che si scagliava contro i profittatori di guerra, i pescecani, gli egoisti e poi i parassiti di Stato.
I Fasci di Combattimento, movimento politico fondato da Benito Mussolini nel 1919, avevano come programma il sequestro dei profitti di guerra e l’espropriazione parziale di tutte le ricchezze attraverso un’imposta sul capitale, perché, come diceva, la vita quale la concepisce il fascista è seria, austera, religiosa, tutta librata in un mondo sorretto dalle forze morali e responsabili dello Spirito. Il fascista disdegna la vita comoda.
Davvero furono mantenute le promesse fatte?
Ebbene, si! Appena i fascisti presero il potere dimenticarono, subito, l’imposta sul capitale e apprezzarono sommamente la vita più che comoda che derivava dal privilegio di far parte delle alte sfere del potere fascista.
Il saggio di Mauro Canali e Clemente Volpini fa luce sugli arricchimenti illeciti di noti personaggi del regime fascista. Mussolini compreso.
La vulgata ricorrente è stata per anni quella di un fascismo duro e puro, tanto da far dire, 1975, a Walter Chiari, noto personaggio del mondo dello spettacolo che quando fu appeso per i piedi a piazzale Loreto, dalle tasche di Mussolini non cadde nemmeno una monetina; se i reggitori d’Italia subissero la stessa sorte chissà cosa uscirebbe dalle loro tasche!
Gli autori dimostrano, tenendo presente i documenti inediti che il Ministero delle Finanze, da poco, aveva messo a disposizione degli studiosi, che i fatti, diversamente dall’agiografia fascista, scoperchiano un autentico verminaio: corruzione, concussione, capitali esportati all’estero, raccomandazioni, rotoli di banconote nascosti negli sciacquoni, tesori sotterrati in giardino, favolosi patrimoni, come scrivono gli autori, in ville e palazzi, pellicce, arazzi, gioelli.
Tutto ha inizio dalla Commissione d’inchiesta istituita dal governo Badoglio, 1944, per indagare sulle fortune accumulate dai gerarchi fascisti durante il ventennio che ammontarono, alla fine, a circa 118 miliardi di lire del tempo e di cui lo Stato riuscì a recuperarne solo19.
Sono tutti nomi eccellenti, da Costanzo Ciano, allo stesso Mussolini e i suoi affari di famiglia, con gli intrallazzi di Galeazzo Ciano , l’avidità di donna Rachele e la rapacità del clan Petacci.
Il re, Vittorio Emanuele III, aveva detto a Mussolini facendogli strabuzzare gli occhi e lasciandolo senza fiato che il conte Ciano ( possedeva un patrimonio di circa 900 milioni di lire (1).
Sconcertante è la storia del prefetto Antonio La Pera e di Guido Buffarini (2) che lucrarono persino sulla politica razziale del regime: la banda che era mossa dal prefetto La Pera, in realtà faceva capo a Buffarini, che mangiava a quattro ganasce, fu investita dallo scandalo della discriminazione degli ebrei e dell’accertamento di non appartenenza alla razza ebrea: bastava pagare, ognuno a seconda della propria disponibilità per diventare ariano.
Vi era una sorta di tariffario: da circa 100.000 lire a 500.000.
Si potrebbe credere che Mussolini fosse all’oscuro di tutto e che fossero i traffici di poche persone senza scrupolo, ma, quando il questore Francesco Peruzzi portò le prove di ciò che avveniva sulla pelle degli ebrei, Arturo Bocchini, potente capo della polizia fascista, gli disse che aveva fatto un lavoro inutile perché purtroppo Interlandi (3) non sarà mai toccato in quanto nella faccenda degli ebrei troppe personalità sono coinvolte, non esclusi gli stessi familiari di Mussolini.
Buffarini fu preso mentre stava scappando in Svizzera, dai partigiani e condannato a morte dalla Corte d’Assise Straordinaria di Milano. Il Ministero delle Finanze, nel 1952, fissò n 10.338.500 lire il profitto di regime avocabile dallo Stato che, dopo cause, ricorsi fatti dagli eredi, riuscì a recuperare soltanto un decimo della cifra.
Alla fine della guerra, Eucardio Momigliano (4) , descriveva l’Italia mussoliniana come un enorme mercato dove tutto era in vendita pagando e corrompendo gli uomini di un partito che aveva posto a suo fondamento la lotta senza fine alla corruzione.
Il Segretario generale della Confederazione delle Corporazioni Fasciste, Edmondo Rossoni, che nel ferrarese aveva costruito un vero e proprio impero immobiliare
Con la marcia su Roma, aveva già 38 anni, segretario dell’unico sindacato fascista, autorizzato a poter firmare i contratti collettivi di lavoro, deputato per tre legislature, membro del Gran Consiglio, sottosegretario di Stato al Ministero dell’Interno alla presidenza del Consiglio, Ministro dell’Agricoltura.
Un immenso potere sorto dal niente, e molti si chiedevano come avesse fatto ad accumulare enormi ricchezze: un lussuoso appartamento ai Parioli che lasciò per trasferirsi in via Veneto, un podere di 5 ettari a Tresigallo, paese natio.
Diventò segretario dell’unico sindacato esistente nel fascismo, uno degli uomini più potenti d’Italia e, come disse Curzio Malaparte, la migliore forchetta del regime e sua eccellenza beveva in un calice elegantissimo, pasteggiando con posate d’oro, mentre quelle dei suoi ospiti erano d’argento.
Non da meno fu Roberto Farinacci (5), il ras di Cremona, fucilato dai partigisni il 28 aprile del 1945; era integerrimo e votato alla causa, impegnato in una personalissima battaglia contro gli affaristi corrotti, i profittatoti di regime e contro chi sfruttava il partito per arricchirsi.
L’inchiesta sui suoi profitti di guerra durò dal 1946 al 1956 e il patrimonio valutato, nel 1949, in 614 milioni di lire, di cui i suoi eredi riuscirono a salvare oltre 600 milioni, pagando a rate, una cifra irrisoria e cedendo appena due ettari di terreni e una società in gravissime condizioni economiche che nessuno più voleva.
Ho suddiviso l'argomento in tre parti perché sarebbe risultato tropo lungo per una sola lettura. Alla prossima.
Beniamino Iasiello
1) La cifra, oggi, può sembrare poca cosa, ma si tenga presente che un senatore del Regno, nel 1938, aveva uno stipendio che variava, annualmente, dalle 20.000 alle 25.000 lire - un maestro da 9 a 13.500 lire e un operaio di lire 4258
2) Guido Buffarini fu sottosegretariO al Ministero degli Interni dal 1933 al 1943 e, dal 1943 al 1945, ministro degli Interni della RSI.
3)Telesio Interlandi fu un giornalista. Ricordato, soprattutto, per il ruolo che ebbe nella diffusione delle idee razziste e antsemite durante il fascismo.
4)Avvocato, scrittore, giornalista avverso al fascismo. Prese parte alla lotta di liberazione.
5) Segretario del Partiti ascista, 1925- 1926, deputato del Regno e consigliere del Regno. Fascista radicale, sempre fedele a Mussolini. Intransigente: un duro e puro.
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