Mussolini e i ladri di regime (3) fine

Passione italiana!
Come già detto, l’ultima parte del saggio di Canali e Volpini riguarda direttamente Mussolini e sua moglie Rachele. Il Duce, quando il fascismo, 25 luglio 1943, cadde, era un uomo ricco, proprietario di terreni, di immobili e di un imponente complesso tipografico, beni che saranno valutati, nel 1950, ben due miliardi. I venti anni di potere assoluto avevano reso il povero maestrino e la contadina sempliciotta e rozza di Predappio due ricchi borghesi.
La rappresentazione
costruita di un uomo lontano dal lusso e di una donna semplice, per alcuni
versi sempliciotta e rozza, non interessata al potere e all’accumulo di beni
mobili e immobili, non regge di fronte all’elenco delle proprietà accumulate
durante il ventennio, nonostante la storia degli illeciti arricchimenti di
Mussolini sia carente per mancanza o insufficienza di documentazione, ovvero
per la distruzione o sparizione di interi archivi.
Solo nel 1947 si riuscì a compilare un primo elenco sommario
dei beni di Mussolini sequestrati, della loro dislocazione e del loro valore
che l’ufficio Distrettuale delle Imposte di Roma fissò in 50 milioni che, con
una proposta di concordato nel 1951 giunse alla bonaria definizione della
vertenza sulla base di una sanzione di 20 milioni che furono interamente
versati.
La moglie di Mussolini era una donna potente, portò avanti
speculazioni immobiliari sul lungo mare di Riccione dove era decisa a
costruirsi un vero e proprio feudo, e le vicende relative ad una villa che
donna Rachele voleva acquistare, dopo averla occupata gratuitamente per de
anni, rappresenta l’esempio della prepotenza a cui i mussolini erano capaci di
ricorrere per ottenere ciò che volevano. In questo caso vi fu anche
l’intervento del Podestà di Riccione che minacciò i proprietari, considerati
antifascisti, addirittura, di inviarli al confino. A Riccione possedeva un
complesso di fabbricati costituita da una villa acquistata nel 1934 e alla
quale se ne aggiunsero altre due nel 1940 per un totale di 44 nuovi vani,
l’anno seguente acquistò un nuovo fabbricato di 15 vani a cui, marzo 1942 ne
aggiunse altre due.
Tra gli altri beni che possedevano: la casa natale di Dovia,
un’altra in località Carminate, un oratorio pubblico, una villa a Carpena,
infine l’enorme complesso del castello di Rocca di Carminate, un
bastione medievale imponente sulla cui torre campeggiava un faro elettrico
visibile nel raggio di 60 km.
Un bene di
incalcolabile valore che, anche quando Mussolini era assente, veniva
sorvegliato da non meno di 70 agenti della forza pubblica.
Successivamente il Duce lo intestò (non poteva perché era
un bene dello Stato, essendogli stato donato dal Comune di Meldola) alla
moglie, così come gran parte di terreni e ville: le proprietà agricole
ammontavano a 164 ettari, tutti acquistati durante gli anni del fascismo. Senza
dimenticare la vicenda legata al complesso tipografico – industriale del
“Popolo d’Italia” e “La Sera” che risultò di difficile comprensione, ma che
vide passaggi milionari.
Mussolini e Rachele
agivano con spregiudicatezza e tracotanza nei confronti di quelli che non si
piegavano alle loro richieste e gli episodi riportati dagli autori sono tanti. Per
ultimo, e non certo per importanza, vi è la vicenda legata all’oro di Dongo
(1), una storia ancora oggi non chiara dove sparirono i corpi di due partigiani
(2) che avevano visto lingotti, gioielli, banconote che Mussolini aveva portato
con sé quando fu fermato e arrestato a Dongo.
Nel camion tedesco,
su cui viaggiava, furono trovate 5 valigie contenenti danaro e lingotti
d’oro che i tedeschi gettarono nel fiume Mera e che furono ritrovati, la
mattina seguente, da un contadino: 35,880 di oro e poi banconote per
33.020.000. Il tutto fu consegnato al comandante della 52^ brigata
Garibaldi, Luigi Pietro Canali, il cui nome di battaglia era Capitano Neri.
Qualcuno potrebbe dire: qual è il senso di questa
narrazione, beh … l’illusione che conoscere cosa è successo nel passato possa
creare gli anticorpi necessari rispetto a movimenti, partiti che si presentano
sulla scena della storia intrisi di moralismo, giustizialismo verso il passato
e il presente perché ritengono di rappresentare la coscienza ingenua e pulita
della società, se non dell’umanità: sono i duri e puri che dimenticano, spesso,
che c’è sempre, nel corso della vita e della storia, qualcuno più puro che ti
epura, come affermava Pietro Nenni.
Diceva Mino Maccari che bisogna fare sempre molta attenzione
quando si è con gli altri perché … se scoprono che sei onesto, sei fottuto.
Un’ultima considerazione: sarebbe giusto che questo saggio e
i 4 libri di Cesare Scurati (3) dedicati a Mussolini, venissero letti nelle
scuole superiori perché, se nel tempo dell’inganno universale, dire la verità è
un atto rivoluzionario, non c’è niente di meglio che far leggere direttamente
il “verbo” pronunciato nel ventennio dal Duce.
1 1) Gli avvenimenti legati all’oro di Dongo non
sono trattati nel saggio. Non si è mai saputo che fine avesse fatto
quell’ingente ricchezza. Massimo Caprara, segretario di Palmiro
Togliatti, sostenne che parte del tesoro, 189,657 milioni fu preso in
consegna da uomini del partito
Comunista che trasferirono il tutto nelle banche svizzere, in conti protetti e
riservati del P.C.I. Pare che, successivamente, il tesoro sia servito per
comprare la sede storica del partito in via delle Botteghe scure e altre
proprietà a Milano.
2 2) Giuseppina Tuissi, detta Gianna, registrò
tutti i beni: oro, banconote, gioelli recuperati e in possesso di Mussolini e
dei gerarchi e Pietro Canali, detto Capitano Neri, firmò l’ordine
di consegna temporaneo di tutti i beni in possesso di Mussolini al momento
dell’arresto alla federazione comunista di Como.
Alcuni mesi, i partigiani Gianna e Capitano Neri, iscritto al P.C.I., scomparvero dalla scena della Storia per non comparirvi mai più.
3 3) Cesare Scurati ha scritto quattro libri su
Mussolini: M, Il Figlio del Secolo - M, L’uomo della Provvidenza,
M, Gli Ultimi Giorni dell’Europa – M -L’Ora del Destino, dove,
tra l’altro, ricorda le parole di Edda Mussolini quando dice: è tutto finito e
a dispetto di questa verità Mussolini si ostina a incitare i discepoli a
continuare la guerra. Sapeva che era tutto finito e quella violenza è inutile e
insensata. Non riesco a perdonargli che mentre gli italiani soffrono una
tragedia immane che lui ha causato non trova mai una parola di compassione per
gli italiani. Riesce solo a compatire se stesso.
E, in
effetti, sono convinto che l’Italia sia stato uno “strumento” di cui servirsi
per i suoi velleitari sogni di grandezza che appartengono ad ogni dittatore. Oggi, Putin insegna! E , a mio avviso, lo stesso Netanyanhu anche se opera in uno Stato di democrazia.
Beniamino Iasiello
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