La violenza sulle donne 1^
In Italia i femminicidi si susseguono ad un ritmo impressionante. Com’è possibile? Quale è la cultura sottesa che fa credere che la donna debba dipendere solo e soltanto dal capriccio dell’uomo che non sopporta di perdere una propria cosa, di vederla allontanare da sé, finalmente, consapevole della propria autonomia e libertà. E’ il retaggio di una cultura patriarcale, ancora radicata in tanti strati della società, difficile da estirpare, dove la donna non contava niente: era di proprietà del padre – padrone e del marito – padrone. Essere sempre pronta a soddisfare le voglie del marito e sempre gravida per fornire braccia utili per l’economia della famiglia e della patria.
Ha contato niente nelle istituzioni, nelle arti,
nelle scienze, pur essendoci state donne, in tutti i campi del sapere che hanno
mostrato di non aver nulla da invidiare agli uomini, come Ipazia, e tantissime altre, astronoma,
matematica, filosofa del IV secolo d. C., nata ad Alessandria d’Egitto che in un
giorno di marzo del 415 fu assalita ed uccisa e il suo corpo fu arso.
Da sempre la donna ha sostenuto il peso della famiglia, le
grosse difficoltà davanti alle gravidanze indesiderate e degli aborti
clandestini che spesso determinavano malattie e morte. Nessuno mai ha
considerato la donna portatrice di diritti; per lei esisteva, e forse ancra oggi per molti, solo la tavola
dei doveri.
Anche con l’avvento della Repubblica, sostanzialmente le cose non cambiarono: fu “concesso” il diritto al voto alle donne, ma quando il 14 novembre del 1947, in fase costituente, si discusse del titolo IV relativo a “la magistratura”, Giovanni Leone, futuro presidente della repubblica, rispetto alla richiesta fatta da 21 deputate, elette alla Costituente, di concedere l’accesso alla carriera di magistrato, disse che le donne dovevano stare lontano dalle più alte cariche della magistratura dove bisogna agire e reagire all’eccesso di apporti sentimentali dove occorre distillare il massimo di tecnicità.
Il repubblicano Giovanni Conti affermava che le donne non sono in grado di elaborare giudizi complessi, ma
solo un giudizio che prescinde da esigenze strettamente giuridiche … per la
loro subordinazione fisiologica, dal momento che, ci sia consentito il dirlo,
in certi periodo sono assolutamente intrattabili, pe questo sono più
predisposte per i servizi di cancelleria.
La posizione del Papa Pio XI fu ancora più radicale rispetto alle donne: considerava contro natura la parità dei sessi ed era contrario anche alle classi miste e ancora tuonava contro il lavoro femminile fuori dalle mura domestiche perché era un pessimo disordine che bisognava assolutamente eliminare, in quanto le donne possono arrecare un danno alla stirpe tramite l'emancipazione culturale: l'indiscutibile minore intelligenza della donna ha impedito di comprendere che la maggiore soddisfazione può essere provata solo nella famiglia (2)
Nel ventennio, invece, fu mesa in atto una politica che
tendeva ad emarginare sempre di più le donne dal mondo del lavoro, delle
professioni per relegarle nel ruolo di madri e mogli (2) ; le donne che durante la
prima guerra mondiale sostituirono nelle attività lavorative pubbliche e
private gli uomini che combattevano sul Carso e in altre zone di guerra,
avevano mostrato di non essere assolutamente inferiori all’uomo, sostenendo il
paese in un momento molto difficile.
Il fascismo stilò un decalogo di quello che le donne potevano o non potevano fare: impossibile diventare Presidi di scuola; alle laureate fu vietato l’insegnamento di Italiano, Lettere classiche, storia e filosofia nei licei, e per dirla con Benito Mussolini nell’Italia fascista, la cosa più fascista che le donne potevano compiere era quella di pilotare molti figli. Il pilotaggio è una cosa molto seria che deve essere lasciata agli uomini (1)
Il rapporto di Mussolini con l’emancipazione delle donne, sia prima della presa del potere che dopo, fu sempre ambiguo, ondivago perché spesso approvava e sosteneva le tesi femministe, solo per calcolo politico, ma fondamentalmente non ne condivideva nulla tanto da far ritenere che alle donne non poteva essere concesso il diritto al voto.
In una intervista rilasciata, dicembre 1927, al giornale francese “Le Figaro” disse che riteneva che esse fossero ciò che gli uomini desiderano ch’esse siano, per me la donna è una piacevole parentesi, per l’uomo virile è parte integrale di lui medesimo.
Appena diventato presidente del Consiglio, tramite interventi legislativi, fece di tutto, come scrive Mirella Serri in “Mussolini ha fatto tanto per donne!, per mettere al bando della società civile il genere femminile.
Il 28 ottobre 1922 Mussolini
capeggiò una doppia marcia: quella per la presa del potere, per
l’abbattimento della democrazia, e quella contro le donne .
Il rapporto del Duce con le donne fu prettamente improntato ad una visione paternalistica, non priva di violenza: era l’uomo che non doveva chiedere mai e quando le donne non
gli si concedevano, le pigliava con la forza: la presi lungo le
scale, riporta Aldo Cazzullo, giornalista del Corriere della Sera, in “Mussolini il capobanda” la
gettai in un angolo dietro la porta e la feci mia. Si rialzò piangente e
avvilita e tra le lacrime mi insultava. Diceva che le avevo rubato l’onore. Non
lo escludo. Ma di quale onore si parla.
E’ di fatto il racconto di uno stupro. Ma Benito
Mussolini se ne compiace: fu una delle sue prime conquiste: Virginia
B.
Ebbe tante storie e tante donne e da alcune ebbe anche
dei figli di cui si disinteressò completamente, mostrandosi cattivo, cinico,
violento, capace di passare sopra tutto e tutti pur di non offuscare la sua
immagine soprattutto una volta diventato capo del governo, perché alcune di
quelle storie potevano rivelarsi fortemente imbarazzanti.
Eppure il Duce avrebbe dovuto sentirsi debitore nei
confronti delle donne e, in particolare, di Margherita Sarfatti che lo guidò, lo intridusse allostudio di Marx, Bakunin, Machiavelli, lo convinse a imparare le lingue straniere, gli insegnò persino a stare a tavola e vestire.
Ma al Duce piaceva la definizione che Giovanni Papini aveva dato delle donne: orinatoi
di carne, semplici prede di cui impadronirsi e disporre secondo il proprio piacere.
Il rapporto di Mussolini con le donne merita di essere trattato a parte per meglio intendere la personalità narcisisistica che si manifestava nella propensione al possesso finalizzata a soddisfare i propri bisogni
1)
Il riferimento riguardava una donna, Caterina Massone, che, nel 1933, aveva preso il brevetto di pilota.
2)
Nella famiglia, la donna è del marito, ed è quel che è in quanto è di lui, scrive il filosofo Giovanni Gentile, ministro dell'istruzione durante i primi anni del fascismo; le donne devono tornare ad una assoluta soggezione agli uomini, padre o mariito che sia, affermava il sociologo Ferdinando Loffredo, poco conosciuto, ma ispiratore della politica sociale e cdella famiglia del regime fascista.
Beniamino Iasiello
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