La poesia a Arpaise

 


 





                               

                        

                                             Municipio di Arpaise

Sabato, 13 dicembre, si è conclusa la 38^ edizione del concorso di poesia La Castagna D’Oro che, anche questo anno, ha visto un numero di partecipanti davvero notevole. La manifestazione, organizzata dalla Pro Loco “Generoso Papa” di Arpaise, anno dopo anno, ha conquistato uno spazio importante tra le manifestazioni dedicate alla poesia nel Sannio.

La Commissione giudicatrice delle opere presentate era composta da: ing. Vincenzo Forni, Sindaco del Comune - Isp. P.S: Walter Mazzone, Presidente della Pro loco di Arpaise - Gennaro Della Marca,  Dirigente I. C. Montesarchio 1 e reggente I.C. “Luigi Settembrini di S. Leucio del Sannio -  Silvia Castri, docente I.C. Morlacchi di Perugia 1- Mirella Caporaso, docente I.C. Tocco Caudio - prof. Beniamino Iasiello, ora in pensione -  Adelina Circelli,  docente I. C. Tocco Caudio -   Olga Belmonte, docente I. C. di Cervinara - Mattia Parrella  consigliere delegato alla cultura del Comune.

Il grande successo della manifestazione è dovuto anche alla presenza di alcuni Istituti Comprensivi e dei docenti che hanno saputo motivare con intelligenza e passione gli alunni ad avvicinarsi alla poesia che è sempre evocazione di un indicibile e perenne"principiare".

 Sono arrivate moltissime poesie, oltre 500, tanto da confermare, se ce ne fosse stato bisogno, che, davvero, il popolo italiano è un popolo di Santi, Navigatori e Poeti.

Mi chiedevo, quando Agostino Mignone, anima pulsante del Concorso, inviava continui blocchi di poesie da valutare, da cosa nasce questa esigenza di partecipare ai vari concorsi che si tengono un po' in quasi tutti   i Comuni italiani? 

Credo, forse, dal bisogno di trovare uno spazio di libertà emotiva, una forma di cura, di elaborazione del dolore, della gioia, della memoria: espressione di emozioni, sentimenti contro il vuoto di relazioni e il dominio dei social col loro carico di odio, cattiveria e volgarità.

In una società dove l’individualismo prevale, l’attenzione è diventata una risorsa rara: si comunica molto, ma si ascolta poco, si è esposti, ma non davvero accolti, per cui la poesia diventa un atto di resistenza all’indifferenza, in cui l’io non è esibizione, ma fragilità condivisa in quanto è una richiesta di sguardo, prima ancora che di giudizio.

 E’ ricerca di bellezza non decorativa, ma etica. Un ethos che rifiuta la sopraffazione, in quanto scrivere versi significa opporsi a una comunicazione che premia il rumore, il conflitto permanente, così la poesia diventa uno degli ultimi luoghi in cui la parola non aggredisce, ma cura.

Non guardateci, sembrano dire i partecipanti con i loro componimenti, ascoltateci!

Il concorso diventa un modo per rompere l’isolamento e dire: quello che ho scritto merita di essere ascoltato; e non è vanità, ma bisogno umano di conferma e di speranza che quel sentimento incontri qualcuno con cui dialogare.

Perciò, il ruolo della Commissione giudicatrice è quasi etico: non selezionare solo i test migliori, ma restituire dignità all’atto di esporsi, in quanto anche una poesia acerba, se autentica, testimonia un bisogno reale di relazione.

 Termino queste considerazioni, riportando la poesia che ha vinto la XXXVIII^ edizione del Concorso “La Castagna d’oro” di Arpaise: I Fiori di Beslan[1], scritta da Giulio Redaelli di Albiate (Monza – Brianza) che si è collegato in streaming  ed ha letto la poesia premiata.

I Fiori di Beslan

 C’è un richiamo di memoria

Nei campi assolati dell’Est

Lapidata innocenza

Di papaveri rossi fra il grano

Odio che separa vite nel tuo nome.

Cè un giardino a oriente

Dove i fiori hanno lacrime di rugiada

 Per la sete infinita

Di sogni crocifissi sui banchi

Dalle parole imbavagliate di paura

Con l’ ultimo graffito che si fa puetà

 Dipreghiere bisbigliate da madri

Cieche_ uniche nostre madri

Orfane di speranza e di futuro

E noi, nella misura del silenzio

A cercare il senso delle cose

Forse solo una breve tregua

 Nell’inferno di un paradiso

Dove fummo innocenti solo col pensiero

Se mai eredi di una terra promessa

Che avrà il seme della nostra volontà

Prima che il tempo disperda

Questo colpevole indugio

C’è un giardino a Beslan

Fiorito di vite non viste

 Fruscio di petali nel vento dell’addio

Non avere parole. Ascolta

E’ un lieve sussurro

Come lontano garrire di rondini

Che ancora s’incrociano

Nell’azzurra promessa del cielo.


Beniamino Iasiello

 

 

 

 

 

 

 

 



[1] Il 3 settembre del 2004, nella scuola n.1 di Beslan, occupata da un gruppo di terroristi, persero la vita più di 300 persone, di cui 186 erano bambini.

 

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