Medea oggi


                                                      Medea con i figli uccisi


Oltre ai femminicidi, una strage quasi quotidiana, ciò che pure spaventa sono i tanti      bambini che vengono uccisi dalle loro madri. Secondo i dati Eures, dal 2000 al 2023Italia sono stati registrati 535 infanticidi che rappresentano il 12, 7 degli omicidi commessi in ambito familiare. Ciò senza contare i tanti che si sono verificati in questi ulti due anni: basta ricordare l’ultimo verificatosi a Muggia in provincia di Trieste dove una madre ha ucciso il figlio a coltellate.

 Mentre leggevo in me affioravano ricordi legati al periodo scolastico e, in particolare, allo studio della letteratura greca e dei tre grandi tragici dell’antichità: Eschilo, Sofocle, Euripide che con le loro opere esplorarono il mare magnum dell’esistenza nella quale si muove la vasta gamma dei sentimenti umani: amore, odio, gelosia, tradimento, invidia.

Tragedie, ancora attuali, scatenate dalla forza di un amore immenso capace di tramutarsi in una violenza senza fine. Come non ricordare “Ippolito” di Euripide dove è narrato il mito di Fedra[1], o “Medea” che sono i personaggi più drammatici, secondo alcuni, del teatro di ogni tempo.

 Ricordo che per l’Esame di maturità (un vero incubo! esso verteva su tutte le materie dell’ultimo anno con riferimenti all’intero triennio superiore, oltre le quattro prove scritte: Italiano - due traduzioni di Latino ed una di greco) avevo studiato, come classico, la “Medea” di Euripide di cui ho ricordato, per molto tempo, alcuni versi. E nonostante la memoria, a volte, inizi a difettare, qualche verso, ancora oggi, è presente nella mia mente!

Dopo circa duemila e cinquecento anni, il teatro mette ancora in scena l’orrore in cui la ragione precipita quando diventa preda delle passioni; donne che si arrestano solo dopo aver portato a compimento le soluzioni estreme: Fedra si impicca; Medea uccide i due figli avuti da Giasone (2),  Antigone si impicca e Emone, figlio del re Creonte, si uccide sul suo cadavere.

Da Euripide a Seneca, a Corneille, fino al Novecento, e ancora oggi rappresentata[2], ha attraversato i secoli la tragedia di Medea che, ripudiata da Giasone, uccide i loro due figli

Ma chi era Medea (3)?

Era figlia di Eeta, re della Colchide; quando gli Argonauti[ giunsero nella Colchide, Medea si innamorò di Giasone e, con le arti magiche in cui era esperta, lo aiutò (contro suo padre) ad impadronirsi del “Vello d’oro”(un manto di ariete dorato capace di guarire ogni ferita)  e poi fuggì con lui. Inseguiti dal padre, Medea uccise il fratello Apsirto facendolo a pezzi e gettandoli ad uno ad uno dietro di sé obbligando il padre a fermarsi per raccoglierli così da dargli degna sepoltura

Giunti a Iolco Medea aiutò Giasone a vendicarsi dello zio, il re Pelia, che non aveva tenuto fede alla promessa fatta: restituirgli il regno, che aveva usurpato ad Esone, padre di Giasone, in cambio del Vello d’oro

Abbiamo già visto come la pazzia dell’amore abbia portata Medea a non fermarsi nemmeno di fronte all’uccisione del fratello, ma, sorte peggiore riservò al Re che, con inganno, fu fatto uccidere, in maniera violenta (fatto a pezzi e messo a bollire in un grande pentolone), dalle sue stesse figlie in quanto Medea le aveva convinte che in tal modo avrebbero ridato la giovinezza a loro padre. Dopo questo efferato crimine, Giasone e Meda furono esiliati a Corinto dove, dopo alcuni anni, Creonte, il re, decise di dare in sposa a Giasone la propria figlia Glauce.

Medea cercò in ogni modo di convincere Giasone a non lasciarla …  sola con i figli soli …, drammatico il dialogo tra Medea e Giasone, ma alla fine fingendosi rassegnata inviò, per i figli, alla sposa come dono di nozze, una corona d’oro e un lungo manto bianco impregnati di un potente veleno che dava morte, in breve tempo, a chiunque lo avrebbe toccato.

  Non appena Glauce lo indossò, il veleno la uccise e, con lei, anche il padre Creonte che, nel portare aiuto alla figlia, era venuto a contatto con il manto avvelenato. Subito dopo, Medea uccise i figli suoi e di Giasone per vendicarsi del tradimento subito ed evitare, così, che Giasone potesse avere una discendenza. Infine fuggì da Corinto su un carro trainato da draghi alati e si rifugiò ad Atene presso il re Egeo.

Medea è certamente colpevole, si è macchiata di un delitto mostruoso, spintavi da una furia selvaggia e da forte risentimento verso colui al quale ricorda … io ti salvai, lo sanno gli elleni, ed io medesima – tradito il padre mio, la casa mia, a Iolco teco venni, - innamorata più che saggia, e morte qual è più dolorosa, a Pelia inflissi per man delle sue figlie …  intendo bene lo scempio che sto per compiere; ma più che il senno può la passione, che di gran mali pei mortali è causa.

Medea è consapevole, nella sua lucida follia … dell’iniquo orrido scempio …  che sta per attuare, ma non riesce a fermarsi … questo solo giorno i figli tuoi dimentica - e poscia piangi.

Anche se tu li uccidi, cari sono essi, e sciagurata io sono … non riesce a contenere la forza istintuale che, oramai, ha oscurato non solo la ragione ma anche il pur forte sentimento materno … ch’essi muoiano è pura necessità – Io che li generai, li ucciderò.

E' proprio di oggi pomeriggio la notizia che a Corleone una madre, 78 anni, ha ucciso la figlia disabile, 47 anni e poi si è impiccata; ancora un infanticidio che narra e ricorda, in un contesto completamente diverso, la storia tragica di Medea.

 Beniamino Iasiello

 


 [1] Fedra si innamorò di Ippolito, figlio di Teseo e re di Atene, di cui era la matrigna. Non corrisposta e, per questo, sentendosi umiliata, si impiccò non senza prima aver lasciato un biglietto con il quale accusava Ippolito di averla violentata (da qui lo snodo della tragedia). 

[2] Giasone e un gruppo di valorosi, a bordo della nave “Argo”, si avventurarono nelle ostili terre della Colchide (oltre il Mare Nero) per conquistare il Vello d’oro. L’azione eroica, senza l’aiuto determinante di Medea, non avrebbe sicuramente avuto successo.

 

 3) Il regista Mario Martone che cura la regia della prima rappresentazione assoluta, 6 - 16  dicembre,  al Teatro S. Carlo, della Medea di Luigi Cherubini, dice che la sua visione di Medea non è barbarica e lontana, ma molto vicina a noi, a un mondo in cui dominano la depressione, la aridità sociale, la dissociazione, il senso della fine. Corinto siamo noi.

 Il soprano Sondra Radvnossky  vede non come un mostro, ma  “come una donna a cui è stata tolta ogni t è un classico all'interno tuutela che una donna dovrebbe avere. E’ isolata, tradita, usata come una moneta di scambio politico e infine scartata. Quando mi metto nei suoi panni non cerco di giustificarne le azi oni, ma di illuminare il paesaggio emotivo che porta a quella tragica esplosione”. Credo che non abbia bisogno di renderla attuale, perché Medea


                                        Beniamino Iasiello

 

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