Finis Vitae

 



 


Credo sia necessario che il legislatore
 disciplini il finis vitae, cioè il diritto, da parte dei cittadini, di poter ricorrere al suicidio assistito senza dover ricorrere  a escamotage o andare in Svizzera per porre fine, in maniera responsabile e consapevole alla  propria vita.  

Così da evitare che chi è stato cittadino di serie B (tanti) in vita continui ad esserlo anche nel morire, perché la serie A  può concedersi anche di spendere i 10.000 euro necessari per schiacciare l'interruttore finale che gli dà la morte.

E' difficile capire perché il Parlamento rifiuti di legiferare, da anni, su di una materia, sicuramente delicata,  ma che tocca tante persone a cui si nega un diritto e di cui si ignora la grande sofferenza che li porta a prendere una decisione di assoluta gravità sul proprio corpo.

 Il finis vitae è un argomento etico che dovrebbe sfuggire alle categorie politiche perché  non è di destra o di sinistra, ma, purtroppo, da noi tutto diventa ideologia  perciò, lotta e aspre divisioni  che non portano alcun risultato. 

La politica,  tout court, si sottrae alle proprie responsabilità perché non ottempera nemmeno alla sentenza della Consulta 242/2019 che,  ha reso possibile richiedere il suicidio medicalmente assistito purché sussistano, contemporaneamente:

1) una patologia irreversibile, cioè una malattia incurabile, senza possibilità di guarigione o miglioramento

2) Sofferenze intollerabili, sia di carattere fisico che psicologico che rendano intollerabile la vita

 3) piena capacità di intendere e di volere,  la persona deve essere in grado di comprendere le conseguenze della propria scelta e di agire in modo autonomo e libero  

4) sopravvivenza grazie ai trattamenti di sostegno vitalew, cioè la persona deve essere sottoposta a trattamenti di sostegno vitale comne la ventilazione assistita o la nutrizione artificiale per rimanere in vita.

 La Consulta, con successiva sentenza n. 135/2024,  precisò che sia il trattamento vitale che le modalità di esecuzioni   andavano verificate da strutture pubbliche del servizio sanitario nazionale, previo parere del  comitato etico territorialmente competente, che, però non mettono subito in moto le procedure  dovute per legge e. alla fine, diventano un ulteriore intralcio burocratico che è quello che più porta danno.

 Nonostante due sentenze della Consulta, il governo non solo non legifera, ma impugna la legge della Regione Toscana, approvata da alcuni mesi, perché esula dalle competenze regionali e lede le competenze esclusive dello Stato e la maggioranza parlamentare plaude perché ritiene impensabile che ciascuna regione possa intervenire su un tema così importanti con norme diverse. 

 Le Regioni, dice la maggioranza politica, non possono procedere in ordine sparso in quanto si correrebbe il rischio  di avere una legge  "arlecchino",  che, secondo me, non sarebbe possibile, in quanto esse devono tenere sempre presenti i requisiti (come ha fatto la regione Toscana) posti dalla Consulta con le sentenze del 2019 e del 2024, per cui non si correrebbe il rischio di una legge  diversa da Regione a Regione. 

Se il timore è anche questo,  per evitare  incongruenze e arlecchinate, perché  il governo non avvia un iter legislativo, non presenta un testo da far approvare da Camera e Senato che garantisca tutti i cittadini?

A quanto pare, sembra,  per il Governo, che la verità sia una sola: non agire e impedire che gli altri lo facciano! Per cui l'obiettivo  sarebbe semplicemente di negare un diritto che due sentenze della Consulta hanno reso possibile da  molti anni.

                                                       Beniamino Iasiello

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